Coloro che scrivono abitualmente su questo blog hanno vissuto giorni complicati. Senza entrare eccessivamente in dettagli, mi limito a dire che abbiamo affrontato il tema della "partenza", in modo divertente e compulsivo, cercando di conciliare la gioia per l’opportunità capitata ad un amico con l’inevitabile peso del distacco.
Evito di analizzare sensazioni e percezioni di cui probabilmente non frega nulla a nessuno. Meno che mai a noi che vogliamo saltare a pie’ pari questa fase e pensare a futuri successi, ritorni, abbracci e bevute. Penso però che – nei dieci minuti di sobrietà conquistati in cinque giorni a dir poco confusi – mai come ora due parole ascoltate fino alla nausea e da noi stessi usate a iosa, "globalizzazione" e "declino", ci sono state sbattute in faccia come uno straccio bagnato.
Vivere sulla propria pelle la necessità di abbandonare casa, città, amici e famiglia per fare un salto di qualità professionale all’estero, o in alcuni casi per costruirsi una carriera, è una rivelazione. Ma acquisire la definitiva consapevolezza che ciò riguarda sempre più individui nella più o meno ristretta cerchia di amici e conoscenti induce a riflessioni più serie.
Se tra una birra e l’altra in un qualunque quartiere di Romacapitale si mastica amaro perché un amico si trasferisce oltreoceano o perché si punta a Londra come possibile punto di partenza per una svolta radicale o si elogia la multiculturalità e il profluvio di opportunità di Bruxelles, allora due sono le considerazioni.
La cosiddetta "globalizzazione" – crisi o non crisi – ormai ci è entrata dentro. E temo (o spero, ancora non lo so) che non se ne andrà mai più. Inoltre, l’Italia, questa Italia ci sta stretta. Il problema è che o la si allarga, in termini di opportunità, di prospettive, di dinamismo, oppure ci accucceremo sul nostro patrimonioartisticomozzafiato, sulla nostra cucinacheèlamiglioredelmondo, sul nostro climacheunomigliorenoncen’è e ci addormentermo nella comoda coperta del tanto temuto o negato "declino".
Guardarsi intorno, fare due conti e scoprire che la pattuglia di amici rimasti si è clamorosamente assottigliata e che probabilmente continuerà a farlo fa capire che molti ragazzi che ne hanno la possibilità non si rassegnano a mettersi in fila per "aspettare il proprio turno" quando avranno cinquanta o sessant’anni, posto che per quell’epoca ci sia ancora un turno da aspettare, e preferiscono provare a conquistarsela ora quell’occasione. Scompaginare la fila, ecco la questione. Non accontentarsi dell’eterno praticantato, stage, internship, o come diavolo lo si chiami. Rischiare.
Guardarsi intorno, fare due conti e scoprire che di americani, europei, asiatici ed africani iperqualificati che vengano a lavorare da noi per sfruttare ipotetiche opportunità ce ne sono davvero pochi. Quasi nessuno. E’ l’altra faccia della medaglia della globalizzazione, o se preferite il lato oscuro del declino. E francamente mi consola poco il pensiero che le merchant banks siano fallite tutte o quasi, perché credo che un sistema elastico, dinamico e soprattutto meritocratico possa rialzarsi per poi riprendere la marcia.
L’auspicio è che questa generazione prima o poi torni e riesca a dare un contributo decisivo al cambio di mentalità che ci occorrebbe. Almeno qualcuno.
Al limite anche uno solo.
Io un nome ce l’ho già.
09/04/2009 alle 04:18 |
Se c’è uno che può tornare vincitore è lui.
Da parte mia, un enorme grazie.
Per i Clash.
Per il margarita.
Per i New Order.
Per la miglior vacanza mai fatta.
Per le serate a dire tutto e niente.
Per il Rialto.
Per Firenze.
Per la serata della luccicanza.
Per Simon & Garfunkel.
Per la filosofia del senza senso.
Per le risate.
Per essere un amico. Vero.
Spacca tutto, qui facciamo tutti il tifo per te.
Andrew’s Tavern
10/04/2009 alle 21:07 |
daje. mai lo dissi, ma mi sei anche una guida, giovane.
a presto!
(e ricorda il giro constellation records, da quelle parti suonano tantissimo…)
bof
19/04/2009 alle 19:30 |
Io ti dissi: GRAZIE….. e non finirò mai di dirtelo… per tutto, per essere stato l’unico in grado di tranquillizzarmi quando avevo gli attacchi d’ansia, per esserdi fiondato quando è morta mia nonna, per avermi fatto conoscere realtà che credo che, altrimenti, non avrei mai conosciuto…. grazie sempre e comunque!
20/04/2009 alle 08:16 |
A rega’…mica è morto, eh..